Guida per la gestione dei servizi demografici - Numero 58 - Dicembre 2017
I Servizi al Cittadino
Il tema del mese
Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento
Con l’ormai inevitabile seguito di commenti più o meno favorevoli, è stata data notizia su tutti i mezzi di informazione, del fatto che il 14 dicembre, il Senato ha votato definitivamente il disegno di legge, già approvato dalla Camera il 20 aprile e denominato: “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.
Il testo, per ora disponibile solo sul sito del Senato, sarà presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale e diverrà norma a tutti gli effetti.
La norma recepisce le indicazioni di una buona parte dell’opinione pubblica in materia di “testamento biologico”, cioè di tutte quelle pratiche che nel momento dell’estrema sofferenza di una persona, possono o non possono essere eseguite per accompagnarla alla morte.
Tema delicatissimo, che diventerà di estremo interesse per i servizi demografici in virtù del fatto che si prevede un nuovo registro per gli uffici di stato civile. Ma vediamo meglio il contenuto, ripromettendoci di approfondire la materia nel momento in cui saranno date le inevitabili direttive dal Ministero dell’interno o dal Garante della privacy.
1. I contenuti salienti della nuova legge: il consenso informato
La legge intende tutelare tre diritti fondamentali:
- il diritto alla vita;
- il diritto alla salute;
- il diritto alla dignità e all’autodeterminazione della persona.
A tal fine stabilisce che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.
È dunque bandito il cosiddetto “accanimento terapeutico” senza consenso del malato; allo stesso tempo si è inteso salvaguardare da responsabilità il medico che acconsentendo alla volontà del paziente, sospende le cure.
La norma inoltre salvaguardia anche l’intervento in questa “relazione di cura”, tra medico e paziente, dei suoi familiari, del coniuge o della parte dell’unione civile o del convivente ovvero di una persona di fiducia del paziente medesimo, denominato: “fiduciario”.
Ovviamente per poter decidere, è necessario che il paziente possa conoscere le proprie condizioni di salute e possa essere informato in modo completo, aggiornato e comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefìci e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi.
2. La prova del consenso informato
Il paziente può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e l’eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
3. Il diritto al “rifiuto delle cure” e l’esonero delle responsabilità del medico
Ogni persona capace di agire ha inoltre il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Può ovviamente revocare un consenso già espresso, come può revocare il rifiuto già espresso.
Fin qui si tratta di principi non particolarmente nuovi e non particolarmente “problematici” in tema di etica. Si precisa però che “il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali”.
Nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell’équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla.
Per il codice deontologico dei medici italiani le pratiche eutanasiche sono vietate, dunque, fin quando rimarrà detto codice, i medici italiani dovranno rifiutarsi di somministrare cure tese all’eutanasia attiva. Quale poi sia il confine tra eutanasia attiva, in cui cioè il medico somministra cure tese ad agevolare la morte, e l’eutanasia passiva, quella cioè dove il medico non si attiva per dare cure che allontanino la morte, è veramente complesso e fuori dalla comprensione degli addetti ai servizi demografici comunali.
4. Minori e incapaci
Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità.
Per la persona interdetta il consenso è espresso o rifiutato dal tutore, sentito l’interdetto ove possibile, avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita della persona nel pieno rispetto della sua dignità.
Per l’inabilitato è espresso dalla medesima persona inabilitata. Nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda l’assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, il consenso informato è espresso o rifiutato anche dall’amministratore di sostegno ovvero solo da quest’ultimo, tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere.
5. La terapia del dolore
Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre garantita un’appropriata terapia del dolore e l’erogazione delle cure palliative.
Quando il paziente ha una prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente.
6. Le disposizioni anticipate di trattamento (DAT)
Uno dei punti più controversi della norma è proprio quello del cosiddetto testamento biologico; ci si chiede infatti quanto possa valere una disposizione data nel momento in cui la persona era capace di intendere e volere rispetto a quando la persona sarà in un grave momento di prostrazione psicofisica, quant’anche incapace di intendere.
Il legislatore, accogliendo l’istanza di una larga parte dell’opinione pubblica, ha scelto di permettere che ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto alle cure.
A tal fine indicherà una persona di sua fiducia, denominata “fiduciario”, che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie.
7. Il rispetto delle DAT o delle altre disposizioni da parte del medico
Il medico è tenuto al rispetto delle DAT, le quali possono essere disattese solo qualora esse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita.
Il medico inoltre, qualora ritenga che le cure siano appropriate e necessarie, sia contro la volontà del fiduciario che del legale rappresentante, può rimettere la decisione al giudice tutelare su ricorso suo o del rappresentante legale della persona interessata. In caso di necessità, il giudice tutelare provvede alla nomina di un amministratore di sostegno.
8. Il registro delle DAT “ove istituito” presso l’ufficio di stato civile
Le DAT, per essere efficaci, devono essere redatte:
- per atto pubblico;
- per scrittura privata autenticata da un notaio (anche se la legge non dice chi deve autenticare la DAT, si esclude che possa essere fatto da un dipendente incaricato dal sindaco. Senza un’apposita disposizione di legge, in assenza della quale la autentica del dipendete comunale, essendo illegittima, determinerebbe la nullità della stessa, l’unica autentica legittima è quella del notaio…)
- per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito;
- per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso le strutture sanitarie;
- nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare.
Le DAT sono esenti dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa. Con le medesime forme esse sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento.
La norma prevede che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministero della salute, le regioni e le aziende sanitarie provvedono a informare della possibilità di redigere le DAT, anche attraverso i rispettivi siti internet.
9. L’attività passata e futura dei servizi demografici
Pur nella serietà con cui vanno trattati questi argomenti, ci sia permesso segnalare come i servizi demografici siano ormai diventati lo snodo su cui il sistema pubblico “gioca” le sue partite più importanti. Dunque, nuova legge; nuovo adempimento per i servizi demografici…
Si vogliono semplificare divorzi e separazioni? Basta rivolgersi dallo Stato Civile. Si vuol fare una convivenza di fatto debitamente registrata? Ci si rivolga all’anagrafe. Si vuol fare un’unione civile? Si faccia un nuovo registro di stato civile. Si vuole regolamentare il fenomeno dell’immigrazione dei rifugiati e richiedenti asilo? Si facciano convivenze anagrafiche e si demandino al sindaco le relative incombenze. Si vuole fare lo jus soli? Niente paura, ci pensa l’ufficio cittadinanza del comune. Si vogliono fare dei testamenti che valgano prima della morte del testatore? Nessun problema, si faccia un bel registro “ove istituito” presso i servizi demografici. Il Ministero dell’interno vuol rilasciare una carta d’identità di plastica? Niente paura, ci si rivolga all’anagrafe…
Con la stessa impostazione, se il cittadino non vuole andare dal notaio o non vuole rivolgersi all’Az.USL, andrà dall’ufficiale di stato civile e depositerà le sue DAT, dando riscontro di detta scelta su un nuovo registro.
Non basta però, perché la legge prevede anche che: “ai documenti atti ad esprimere le volontà del disponente in merito ai trattamenti sanitari, depositati presso il comune di residenza o presso un notaio prima della data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni della medesima legge”.
10. Adesso cosa va fatto?
Intanto aspettiamo che la legge venga pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Poi, vista, l’ultima disposizione che fa salve le DAT rese prima della legge, vediamo se nel nostro comune è stato adottato o meno il Regolamento e il Registro.
Noi a suo tempo pubblicammo su Omnia una pratica denominata “Testamento biologico. Registro comunale delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT)”.
Quelle DAT e quel registro oggi hanno una loro validità come detto più sopra.
Se il comune invece non ha assunto nessuna deliberazione e detti registri non sono mai stati istituiti bisognerà vedere cosa succederà a livello ministeriale e di Garante della privacy.
Bisognerà capire se quel “ove istituito” di cui abbiamo parlato al paragrafo 8 sia per il comune un’opzione o se sia un termine obbligatorio per l’adozione di detto registro.
A nostro avviso sarebbe meglio soprassedere ad ogni nuova iniziativa fin quando non verrà emanato un decreto ministeriale o non siano emanate istruzioni dal Garante della privacy, che rendano uniforme sul territorio nazionale l’adozione di questi nuovi registri. A noi sembra che, vista la loro equiparazione con gli atti notarili, detto registro non possa che essere simile ad un registro di stato civile.
Forse la cosa più semplice sarebbe quella di creare una formula, per un atto di morte, da redigere in parte bianca, minimo sforzo, massimo risultato. Ma forse così sarebbe troppo facile…
Se infine un comune, che non avesse già provveduto prima dell’emanazione della legge, volesse istituire oggi un registro, potrebbe farlo?
Nulla vieta una nuova istituzione di registro, ma si corre un rischio che va esplicitato: potrebbe succedere a breve che il Ministero dell’interno o qualche altro ministero o il Garante della privacy, emanino un apposito decreto. A quel punto se il “nostro” registro non dovesse avere le caratteristiche ministeriali o del Garante si correrebbe il rischio di fare atti nulli o annullabili, con conseguente danno per il cittadino.
Forse, almeno in questa prima fase, sarebbe meglio consigliare ai cittadini di rivolgersi ad un notaio.