Affidamento del servizio mensa - Affidamento diretto fino a 214.000 euro - Art. 36, comma 2, lett. b) - OEPV
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MEMOWEB n. 206 del 26/10/2020
Previsione di indennizzo in caso di sospensione del servizio di mensa scolastica causa Covid-19
Si propone un interessante quesito posto alla Redazione in merito alla previsione di una clausola indennitaria in favore della ditta affidataria del servizio di mensa scolastica attivabile in caso di nuovo lockdown
Quesito del 21/10/2020
Previsione di indennizzo in caso di sospensione del servizio di mensa scolastica causa Covid-19
In Codesto Comune il servizio di mensa scolastica per effetto dell’emergenza pandemica da Covid-19 è stato sospeso ai sensi dell’art. 107 del d.lgs. n. 50/2016 a decorrere dalla sospensione delle lezioni in presenza nelle scuole.
In vista della ripresa dell’esecuzione saranno riconosciuti alla ditta appaltatrice i costi aggiuntivi che la stessa sarà tenuta a sostenere per effetto della diversa organizzazione del servizio e dell’adeguamento alle misure di prevenzione e contenimento da contagio da Covid-19 da applicare durante l’espletamento del medesimo servizio.
La Ditta ai fini del riavvio delle attività ha chiesto all’Ente la previsione della seguente clausola indennitaria qualora si verificasse un nuovo lockdown: l’Ente dovrebbe garantire il pagamento del 50% dei pasti che sarebbero dovuti essere erogati nel periodo di sospensione e sino alla durata massima di un mese.
In merito vi sono perplessità sul riconoscimento di tale clausola indennitaria e ciò alla luce della seguente normativa.
Ai sensi dell’art. 107 comma 2 del d.lgs. n. 50/2016 “La sospensione può, altresì, essere disposta dal RUP per ragioni di necessità o di pubblico interesse, tra cui l'interruzione di finanziamenti per esigenze sopravvenute di finanza pubblica, disposta con atto motivato delle amministrazioni competenti. Qualora la sospensione, o le sospensioni, durino per un periodo di tempo superiore ad un quarto della durata complessiva prevista per l'esecuzione dei lavori stessi, o comunque quando superino sei mesi complessivi, l'esecutore può chiedere la risoluzione del contratto senza indennità; se la stazione appaltante si oppone, l'esecutore ha diritto alla rifusione dei maggiori oneri derivanti dal prolungamento della sospensione oltre i termini suddetti. Nessun indennizzo è dovuto all'esecutore negli altri casi”, inoltre il comma 6 stabilisce che “Nel caso di sospensioni totali o parziali dei lavori disposte dalla stazione appaltante per cause diverse da quelle di cui ai commi 1, 2 e 4, l'esecutore può chiedere il risarcimento dei danni subiti, quantificato sulla base di quanto previsto dall'articolo 1382 del codice civile e secondo criteri individuati nel decreto di cui all'articolo 111, comma 1”.
Tale norma non sembrerebbe riconoscere alla ditta alcun indennizzo o risarcimento.
L’art. 1664 c.c. comma 2 prevede invece che “Se nel corso dell'opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendono notevolmente più onerosa la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso”.
Al riguardo non è chiaro se l’equo compenso debba considerarsi quale mero indennizzo (es. la clausola di garanzia richiesta dalla ditta) oppure come un maggior onere rispetto al compenso contrattuale subito per effetto delle impreviste difficoltà riscontrate nell’esecuzione della prestazione (es. costi aggiuntivi per l’adeguamento del servizio alle norme in materia di prevenzione e contenimento del contagio da Covid-19).
Un’ultima disposizione di interesse in merito è quella di cui all’art. 48 (prestazioni individuali domiciliari) del D.L. 18/2020 convertito in Legge n. 27 del 24/4/2020, come modificato dall'art. 109 (Servizi delle pubbliche amministrazioni) del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 "Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19", pubblicato sul S.O. alla GURI n. 128 del 19/05/2020, il quale testualmente al comma 2 stabilisce che: “Durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici e dei servizi sociosanitari e socio assistenziali di cui al comma 1, le pubbliche amministrazioni sono autorizzate al pagamento dei gestori privati dei suddetti servizi per il periodo della sospensione, sulla base delle risorse disponibili e delle prestazioni rese in altra forma. Le prestazioni convertite in altra forma, in deroga alle previsioni del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, previo accordo tra le parti secondo le modalità indicate al comma 1 del presente articolo, sono retribuite ai gestori con quota parte dell'importo dovuto per l'erogazione del servizio secondo le modalità attuate precedentemente alla sospensione e subordinatamente alla verifica dell'effettivo svolgimento dei servizi. E' inoltre corrisposta un'ulteriore quota per il mantenimento delle strutture attualmente interdette che e' ad esclusiva cura degli affidatari di tali attività, tramite il personale a ciò preposto, fermo restando che le stesse dovranno risultare immediatamente disponibili e in regola con tutte le disposizioni vigenti, con particolare riferimento a quelle emanate ai fini del contenimento del contagio da COVID-19, all'atto della ripresa della normale attività. Le pubbliche amministrazioni possono riconoscere, ai gestori, un contributo a copertura delle spese residue incomprimibili, tenendo anche in considerazione le entrate residue mantenute, dagli stessi gestori, a seguito dei corrispettivi derivanti dai pagamenti delle quote di cui al presente comma e di altri contributi a qualsiasi titolo ricevuti.”
I servizi educativi e scolastici di cui al comma 1 non sono nient’altro che i servizi educativi e scolastici, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66 e tra il novero di tali disposizioni non sono compresi i servizi scolastici quali il trasporto o la mensa.
Inoltre, il richiamato comma 2 sembrerebbe applicarsi nel caso in cui le prestazioni inerenti detti servizi siano convertite a causa dell’emergenza in altre modalità, in deroga alla normativa vigente sui contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016 e previo accordo tra le parti, prevedendo le modalità con i quali i servizi debbano essere retribuiti, tra le quali la possibilità di riconoscere un contributo a copertura delle spese incomprimibili.
Pertanto, alla luce della disamina illustrata si chiede se sia legittima, ed ai sensi di quale normativa, il riconoscimento di una clausola risarcitoria come quella richiesta dalla ditta.
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